Antonio Fantini

intervistato da Vittoria Rossi e Melani Likaj.

Il tuo primo ricordo di vita?

Il mio primo ricordo di vita avevo quattro anni, era il tempo di guerra e avevo i tedeschi a casa nostra, cinque tedeschi  entrarono in casa con i mitra, entro un’ora fare galline cose sennò fare kap ut, allora il nonno, il mi’ babbo , prese quattro donne mise le cose a fa’, le galline, le patate.

Nonna: E le galline dove le avevano?

Nonno: Eh le pulirono le cosarono in fretta e poi il nonno gli fece anche le piadine, gli presero tutta questa roba con il paiolo, lì c’erano tutte le patate e sopra nel tegame c’erano le galline tutti i polli cotti e sopra ancora queste piadine, e c’era un palo che la nonna e il nonno portavano l’acqua, e c’era un pozzo a Pogi, da lì da casa, presero questo palo con questo carino , questa roba , il nonno da una parte e un tedesco dall’altra e andavo su per andare dove avevano l’accampamento, quando vidi il nonno con il tedesco partire io berci, avevo quattro anni, ti immagini te, una signora mi prese in collo: non  piangere, non piangere perché il tu’ babbo ritorna però io piangevo, sapevo di molto dove andava. Dopo un po’ il nonno tornò a casa ma io continuavo a piangere , vedevo il nonno andare su alla chiesa in questo paretario, in mezzo al bosco, stetti lì e dopo il nonno tornò.

Dopo quanto finì la guerra?

Lì sarà stato il ‘44, era la fine della guerra mancava pochi mesi, dopo pochi giorni passó, arrivó gli inglesi gli americani.

Te prima che finisse la guerra che facevi?

Noi prima che arrivasse i tedeschi noi ci si aveva i rifugi.

A voi vi bombardavano?

Sì a noi ci tiravano le bombe, i bengala. Il nonno e la mi’ sorella s’era in camera della mi’ nonna, la mamma del mi’ babbo,  e lì c’era una donna di 90 anni e noi si era lì, il mi’ babbo era a sedere e aveva la mi’ sorella in collo aveva pochi mesi, 5/6, e io ero da una parte, la mi’ mamma era in cucina, e noi si era in camera della mi’ nonna che era in una stanza della chiesa, e cascò una bomba che fece una buca nel tetto, ci cascarono i mattoni e non ci sfiorarono nemmeno, nemmeno un graffio, fortuna.

Te sei nato in casa?

Io so' nato a Pogi, sì in casa non all’ospedale. La nonna andò in ospedale dopo.

Dopo quando?

Dopo che partorì, le preso le convulsioni, il latte nom c’è l’aveva, arrivò all’ospedale che doveva morire, la mi’ mamma doveva morire quando partorì di me, l’ospedale era a Montevarchi, l’ambulanza arrivo di corsa e rimase impantanata perché stavamo in campagna, era inverno e c’era molto fango. La nonna dopo aver partorito le vennero le convulsioni, doveva morire questa donna, non  sapevano che fare, non mangiava, allora la rimandarono a casa a morire. Allora il nonno, e il dottor Rizzo, si chiamava il dottore che ora è morto, cercavano di far qualcosa per salvarla, e la nonna voleva i maccheroni, sicché gli fecero ‘sti maccheroni, verai che gli dovevano fa’, se una deve mori e aveva voglia di quello… allora il nonno che fece, gli venne un dubbio, era traffichino faceva le medicine con l’acqua con l’erbe, medicava le persone con queste cose, allora gli disse il nonno alla nonna: te l’hanno fatto il clistere?, loro l’avevano mandata a casa senza farle qualcosa, un clistere dopo aver partorito, per ripulirla, gli fece il clistere, la nonna come rinata, era un miracolo di Padre Pio (risatina della nonna).

Il tu’ babbo che faceva di lavoro?

Che faceva?, era contadino nini, e quando nacqui io venne via da contadino e si tornó a Pogi.

Perché lui dove stava?

Stava lì, a Pogi alle mura al Cornia, e allora da lì venne via di casa e erino nove fratelli, tra donne.

La scuola?

La scuola, allora io (ride), dovevo andare a scuola c’era la nonna e mi disse, dovevo anda’ a scuola da  Bucine a scuola e avevo sei anni e allora la nonna disse: “Piero questo figliolo, dice, lo mandi a Bucine con le macchine, dice la fanno qui a Pogi mandacelo un anno dopo , non ce lo mandare ora”, e andò così, e io so andato un anno dopo a scuola. E  andavo a scuola ma io le combinavo di tutte i colori

E che facevi?

Io ero sempre in castigo (ride), però mi piaceva anda’ a scuola.

Ti piaceva anda’ a fa’ casino.

No no a me sarebbe piaciuto continuare, però la possibilità non c’era, non c’erano soldi nini.

Quindi hai fatto anche te fino alla quinta elementare?

Sì, però quando andavo a scuola andavo a imparare il calzolaio a Bucine, da un uomo, il biondo lo chiamavano e andavo a imparare il calzolaio lì.

E questo a quanti anni?

A 12 anni.

E poi hai iniziato a lavorare subito?

Sì a 14 anni ho iniziato ad andare a Levanella a lavorare con un mio amico, si chiamava Oretto, perché veniva da Roma, in tempo di guerra venne via da Roma e si trasferirono qui da Pogi, allora si andava a lavorare in Vespa. Io  andavo a 14 anni a  spugnare i tronchi per fare gli zoccoli, mi davano 500 lire il giorno, e poi facevo i sandali di gomma capito? E  da lì incominciai a... nel ‘54 prendevo 300 lire alla settimana, con 5 lire ci compravo un panino con la mortadella, andavo a mangiare il giorno, a pranzo con un ovo e  una mela, quello era il pranzo, verai ‘un c’era tante cose, c’era la miseria.

Con i tuoi amici dove ti incontravi?

Lo sai che si faceva? Si faceva i banditi, i giochi nostri erano erano anda’ a fa’ i banditi con i fucili di legno e il lasticino, ci si nascondeva e si tirava. E poi si faceva ai lussi con i sassi, si metteva 1, 2, 3, 4, 5 sassi in piedi e si tiravano giù. Si  giocava a piadino, a filetto, a zappino, si facevano tutti i giochi con le figurine al muro, con tutte le figurine con i giocatori, s’andava a giocare, io era le più volte che rimanevo senza che quelle che le prendevo, però quando si andava a giocare a pallone quelle di vetro, le bigliette, avevo un pallone, il mi babbo me lo rompeva sempre perché non voleva che ci giocassi, si giocava con il pallone di cencio a piedi scalzi, si andava a giocare nella steccia.

Che è la steccia?

Il campo di grano, c’era tutti i cosi ritti, a piedi scalzi, tutti i piedi qui, nella parte interna, la steccia ti entrava, sempre i piedi sciupati.

Quando sei cresciuto, tipo la mia età?

Alla tua età nini, alla tua età andavo a guarda’ la televisione che non c’era in casa, si andava al circolo a Pogi, che c’è ancora dove vado a giocare al pallaio io, e si andava giù e si andava a guarda’ la televisione li.

E a balla’ non ci andavate?

Aspetta (ride). Da Pogi alto scendevo avevo 15/16 anni, avevo 14 anni quando scendevo giù per vedere la televisione , però andavo solo. Quando avevo 14 anni arrivò la televisione e l’avevano messa al circolo, allora io da Pogi alto scendevo giù. Io un so’ venuto a romperti l’anima. Andavo di fronte al campo santo, avevo paura, a 14 anni di sera, passare di fronte al campo santo non era molto capito... e c’era la gente che faceva paura, facevano gli strulli, si metteva in mezzo al grano e facevano paura alle citte.

Per anda a balla’ dove andavate?

Io per finirti il discorso, passavo dal campo santo, camminavo così... iniziavo a corre, con le gambe correvo velocissimo.

A che ore tornavi la sera?

Alle 11:30 quando finiva la televisione, e c’erano i ragazzi verai in casa la televisione non c’era, e c’erano le sedie così di legno, hai visto queste sedie vecchie che c’era una volta e ci saranno ancora tipo a Pietraviva. E allora, niente , quando poi si incominciò ad avere l’età di 16/17 anni si andava al circolo si giocava a biliardino, si giocava a carte capito? e poi si arrivava il sabato e la domenica c’era qualche a 17 anni così 18 c’era chi aveva il motorino, io ‘un l’avevo, non avevo niente, quindi mi toccava raccomandarmi ai miei amici per venire ad Ambra, o per andare a ballare.

E che ballavate?

Il liscio, ad Ambra si veniva a ballare.

La nonna quando l’hai conosciuta ?

La nonna aveva 15 anni, e io ne avevo 20.

E te sei andato a guarda’ una che aveva 15 anni.

(Ride)

E come l’hai conosciuta?

L’ho conosciuta a ballare nini, non l’avevo mai vista, era giovane, non ci veniva a ballare c’erano figliole  più vecchie di lei, e allora io andavo con quelle che trovavo lì a cosare. Io  ballavo nello shalè  del teatro, nella sala.

E com’è nata con la nonna?

Con la nonna è nato che la conobbi così e poi continuai, c’avevo una fidanzata a Bucine che ora è morta, poi c’è ne avevo una a Levanella e la nonna per ultima, l’ultima ruota del carro (ride). No, io facevo una domenica magari andavo con questa di Bucine così, duravo un po’ di mesi,
era giovane la nonna, quindi io andavo da quelle un po’ più grandi, sicché con una di Levanella...

Quand’è  che ti  sei messo con la nonna?

Con la nonna, all’età di 20 anni, gli venni in casa.

Perché prima ci voleva molto per entra in casa?

Io, era giovane, e poi a me mi garbava anda’ a girellare anda’ a divertirmi per vede’ se raccattavo qualcosa. La nonna la tenevo tranquilla, ho fatto l’amore a Peitraviva, con una di Pietraviva.

Eri un po’ un farfallone...

...e allora niente, stavo con quella di Pietraviva e la nonna mi vedeva passa’ in Vespa e si metteva a vedere quando passavo, e io stetti un po’ ti tempo, un annetto con questa di Pietraviva.

E poi ti sei messo con la nonna?

Con la nonna che facevo, tante volte ci venivo un mese poi andavo da un’altra a Montevarchi, con quella di Levanella ci so’ stato 3/4 anni.

Con la nonna poi ti sei  sposato quando?

Avevo 29 anni, quando mi so’ sposato con la nonna e lei ne aveva 25.

E te andavi con tutte queste donne e hai deciso di sposare la nonna?

No, perché ma queste erano fidanzate così passeggere, si ce n’era una che mi garbava, l’infermiera di Bucine, mi garbava di faccia, era grassa, ma aveva una faccia stupenda, è morta porina. Poi alla nonna gli avevo detto una volta che non sarei andato ad Ambra, e invece poi ci so’ andato e preso il treno che lei era stata a Firenze dalla su’ zia, ci si era ritrovati in treno. Gli dissi: no guarda ‘un vengo, invece poi venni sicché non la cacai nemmeno, non la guardai nemmeno la nonna.