Franco Rocchi

Storia raccolta dalla nipote Giulia Rocchi.

Mi chiamo Rocchi Franco, sono nato a Montalcino il 27 Luglio 1945.
Di quando ero piccino mi ricordo che c’avevo tanta miseria. Stavo a Casal di Colle, Comune di Montalcino in mezzo ai boschi. Vivevo con una zia anziana vedova, perché mia mamma era malata e purtroppo era quasi sempre all'ospedale. Vivevo con questa povera... Ginevra si chiamava. Mi faceva da mamma lei e la sera mi raccontava le barzellette. Avevo 8 anni e avevo una capra mia che mi portava il latte, e lei mi faceva la zuppa non con i biscotti ma con il pane, il pane fatto in casa di farina proprio di grano coltivato da noi. Il babbo mi coltivava il grano e poi si macinava e si faceva il pane. La mi pora mamma lo faceva, quando stava bene, il pane e le schiacciatelle, insomma roba nostra. Avevo un fratello più grande di me ma non sempre stava con noi, perché la grande  miseria.. mio fratello aveva 5 anni in più e doveva andare per garzone, sai che vuol dire? Andare da una famiglia mangiare e bere senza esser pagato, e questo mi dispiaceva perché io volevo bene a mio fratello ma non c’era la possibilità di stare insieme sempre. Io però capivo poco a quei giorni là, e volevo mangiare tutto io. La mi zia mi diceva che bisognava mangia' un pochino per ognuno, volevo bene a mio fratello però questo poco di latte non era tanto con il pane e volevo mangiarlo tutto io. Queste cose mi dispiacevano, anche perché il mi babbo mi diceva di mangia' a me perché ero più grande, e mangiavo quasi tutto io e lui rimaneva senza.

A pranzo si faceva un po’ di pasta fatta in casa, ci s’avevano 4 o 5 galline, e si faceva un po’ di sfoglia, non lo so a volte passava anche uno per casa, quando c’erano i soldi si pigliava sennò no, Troccolone si chiamava.

Una volta mio babbo andò via, e mia mamma non c’era. Siamo stati 3 giorni io e il mio poro fratello, non ci s’aveva pane per niente. Passa il Troccolone con un cavallo, con un barroccio e che successe, avevamo un po’ di pelli di coniglio gonfie e allora ci dette tre aringhe, una fame ci s’aveva. Si mangiarono quasi tutte poi…una sete da morire! Ma non c’erano come oggi le bottiglie dell’acqua si doveva bere l’acqua di una fonte, era così all’aperto ci andavano anche gli animali a bere, cani, cinghiali. Si faceva fa' al legno il carbone, così la purificava (l’acqua). Ci s’aveva una ciuca, qualche coniglio, galline e una capra.

Il mi babbo aveva avuto una paralisi e aveva una sola mano che funzionava. Andava a lavoro a Castiglion del Bosco, a pulire il grano cose così, ma gli davano una bischerata. C’andava con questa ciuca e con l’occasione faceva un po’ di erba per la strada, per mantenerla. Ci si arrangiava così. Poi però, pian piano crescendo io avevo tanta passione per le capre e si aumentò un po’ di capre. Noi ci s’aveva il maschio e ci portavano le capre, per coprirle, per farle fa’ il capretto. Poi però a volte ce le lasciavano e così aumentarono le capre.  Poi a sua volta queste capre, ci s’aveva un pochino di vigna, trenta/ cinquanta piante per farci il vino, (le capre)andavano sú nella vigna, davvero eh, e una volta ci mangiarono tutta l’uva.

Andavi a scuola?

Andavo a scuola quando c’avevo voglia perché la scuola non mi piaceva. Ci sono andato tardi io, a dodici anni. A scuola le prime volte andavo qui a Castiglione del Bosco da Casal di Colle, quindi camminavo da solo un paio di kilometri, ma era tutto bosco. Si andava verso le 9:30 ma io entravo sempre più tardi perché stavo lontano, ma mi accettavano così, vedrai facevo cinque kilometri a piedi. Poi ci si spostò, nel comune di Paganico, a Casal di Pari e lì per andare a scuola dovevo camminare cinque kilometri. Qualche volta ci andavo ma il mi babbo mi voleva tanto bene e mi faceva nasconde nel bosco e ci stavo tutto il giorno, perché la mi mamma era boncitta ma era un po’ severa. La sera quando era l’ora di torna a casa tornavo e la mi mamma mi chiedeva dei compiti, ma io dicevo che s’era studiato parecchio e oggi, e domani, solo che poi andò a parlare con la maestra e scoprì che ero assente, che non andavo a scuola. E allora venne il bello, mi dette un po’ di sculaccioni forti. Allora dovevo anda' a scuola, e Fercole, il mio maestro che veniva da Paganico con una vespa, mi aspettava alla strada per andare a scuola. Un po’di tempo sí, mi aspettava ma poi lui doveva andare via a scuola  e io facevo lo stesso servizio, mi nascondevo nel bosco.

A scuola che facevate?

A scuola? Siccome io ero un po’ micope (miope) e tutt’ora non vedo da molto lontano, perché da piccolo mentre prendevo il latte dalla mi mamma mi fecero una malìa, come si dice un malocchio. Allora smisi di pocciá il latte e rimasi cieco, morivo… ma mi portarono in un pozzo, Spereta si chiamava. Riandai a casa e guarì anche se la vista rimase un po’così. Quindi la maestra sapeva questo e mi metteva vicino alla lavagna. C’erano quindici/ venti bambini ma nessuno faceva la mia strada per andare a scuola, stavano lì in paese. E allora facevamo le tabelline, i problemi, ma non ascoltavo molto non mi piacevano tanto quelle cose. Mentre andavo a scuola c’era un orto con dei cavoli e io  strappavo una palla di cavolo e lo mangiavo in quel modo, ero un po’ salvatico (selvatico). C’era la penna con il pennarello, con l’inchiostro, guardavo lei, e quindi mi si bagnava troppo il foglio. La maestra era cosí bella e io ero grandino, e allora quando mi cadeva la penna io guardavo le gambe alla maestra. Prima di anda' a scuola facevo tipo i paletti con le lettere. Ma siccome non ero mai attento, mi diceva che avevo una bella voce e allora mi faceva canta'. C’era un  libro con le canzoni, mi ricordo ancora, e questo mi piaceva, anche quando ero solo cantavo sempre… e allora cantavo “Pini lontani, offrite saldi legni…” e allora mi diceva: “Bravo Rocchi, Bravo, sul canto non ti batte nessuno!”. Poi il pomeriggio mi facevano uscire prima da scuola per tornare a casa. In grosso modo era il 1957, e ci sono andato fino a 14 anni.”

Come vi vestivate?

Uh, la mi mamma comprava della stoffa nera e con quella ci cuciva il grembiule. Poi con una valigetta, non lo zaino, andavo a scuola. A quei giorni lì costava tanto la stoffa, i soldi non c’erano. Per stare in casa riusavo i pantaloni del mi babbo, del mi fratello, e bastavano per due/ tre anni. Quando si strappavano la mi mamma ci metteva le toppe. Un paio di pantaloni costavano mille lire, neanche. Una sera mentre tornavo a casa, era bell'e buio, un imbecille mi disse: “Dove vai? Tanto ti acchiappo”.  Ecco, quella volta mi impaurì forte e ritornai indietro a tutto foco, in un posto che si chiama Fercole, che esiste ancora. Poi mi dissero che quell’uomo era uno stradino, che metteva la breccia nelle strade, faceva le fossette… Me lo fece così per scherzo, ma io mi impaurii tanto. Siccome un tornavo a casa il mi babbo mi venne a cercà e mi ritrovò a Fercole. Da quel momento ebbi paura ad anda' a scuola e con tanti sacrifici, mi comprarono una bicicletta, Perozzi si chiamava, da un certo Aldo. In quinta però non passai, ero passato tutti gli altri anni ma in quinta ero troppo grande e non mi fecero passare. Con il diploma di quarta (elementare) riuscii a fa la guardia giurata, ed è stato il mio primo lavoro, la guardia caccia. Il pomeriggio però andavo con i maiali, oppure con le pecore, avevo una ventina di pecore per sopravvivere, a metà con il padrone, perché si era contadini, si faceva il formaggio una forma a me e una al padrone.

Avevi amici? Altre persone…

Non avevo amici io, ero solo. Andavo nel bosco e con la schiaccia prendevo gli uccellini e poi si pelava e si mangiava. Più avanti ho avuto la mia prima ragazza, anzi ne ho avute diverse… la prima, fammici pensare… era una si chiamava Nella, era zoppa. Era più grande di me, tutti sapevano che si stava insieme. La su mamma era morta, il babbo si era messo con un’altra donna e Nella aveva un fratellino. La sera quindi da amici andavo lì con lei a farle compagnia perché il su babbo non c’era mai. Da lì poi mi spostai a Vescovado di Murlo, e lì conobbi una e persi l’orizzonte, mi piaceva troppo. Si chiamava Rosanna, ma mi prendeva in giro. Io stavo precisamente alle Miniere di Murlo e la sera da lì andavo a piedi fino a Vescovado e si andava a ballà. Il mi fratello aveva il motorino, ma solo avolte me lo dava. La sala però verso 00:30/ 1:00 chiudeva, e allora io facevo due kilometri e mezzo fino ad un posto che si chiamava Teschio per accompagnarla, anche quando pioveva, senza ombrello. Questa citta però non mi diceva né di si né di no. Io ero parecchio amico con i suoi fratelli e quando andavo da lei per fa’ accoppiare le scrofe mi dicevano di anda' da lei. Allora io andavo a casa e stavo lì parecchio in casa, lei faceva i golfi e mi piaceva parecchio questa citta, solo che ero così timidone che non riuscivo a dirle quanto mi piaceva. Dopo un po’di tempo lei si mise con un altro, lei non me lo diceva ma io lo sapevo che lui ci andava, ma non mi importava. Una sera mentre ero con lei arrivò questo ragazzo e mi disse di andà via. Io allora, ero deciso come ora, e gli dissi di andà più sopra per parlà. Quando si arrivò lì lo bussai, quando ci andavo io non mi doveva rompe i coglioni, poi se andava anche con lui non mi importava. E così passò, ma lei mi rimase sempre nel cuore tanto che quando mi sposai con la tu nonna e nacque una femmina gli misi Rosanna come nome. Dopo però tornai (a vivere) a Ponte D’Arbia, e la tu nonna stava lì. Era una bella ragazza bionda con i capelli più lunghi dei tuoi, io ci andavo, ma non c’era verso di accarezzarla. Tutti mi dicevano che era semplice, invece Madonna maiala… Avevo una Cinquecento acqua marina, l’avevo pagata 500 mila lire…i soldi non ne avevo ma lavoravo per questo padrone e me la pagava lui e lavorando scontavo questa macchina. Insomma piano piano… la mi mamma si arruffianó con lei. Una notte ero andato da lei e metteva neve e Madonna maiala non riuscivo a tornà a casa. S’era in casa con la luce… non con la luce c’era la bombola del gas che faceva lume e c’erano loro) che ci chiedevano quando andavo via, perché sta’ bombola del gas consumava… e noi non si andava mai via… e insomma brontolavano… e allora mi fecero rimanere lì a dormire in un letto che porca Madonna mi sbucciavo tutta la schiena! C’erano i lenzuoli di canape… era come dormì nella paglia! Freddi freddi… dopo quella volta un ci dormii più! E capirai… quando s’era giovani in quel modo ogni tanto veniva anche la sensazione di fa’ un pochino… ma c’erano sempre loro e un c’era mai la possibilità... e poi anche a lei non andava bene. Dai oggi, dai domani…capirai quando siamo giovani il sangue scorre nelle vene e quindi mi allontanai…prendevo andavo a giro…

Quindi non c’era l’usanza di aspettare il matrimonio prima di fare l’amore?

Come fai ad aspetta' il matrimonio senza fa’ l’amore… non è possibile… ma nessuno aspettava il matrimonio… quando due persone stanno insieme è normale…allora io andavo in cerca di altre… poi però la mi mamma stava sempre più male e mi diceva di un lasciarla questa citta e quindi lo feci per lei, per la mi mamma… E allora il lunedì dopo tornai da lei… il su babbo era un po’ severo e mi chiese che giravo di lunedì sera… era un po’ severo… e niente feci vede' alla tu nonna che mi aveva fatto la mi mamma, mi aveva dato una scarpa… una scarpa col tacco nella schiena, era di mano svelta lei, bussava subito…Poi la mi mamma, poraccia, morì e dopo un anno e poco più ci si sposò… lei aveva sedici anni io ventuno… il mi babbo era invalido quindi ero da solo…anche quando ero fidanzato ci andavo poco da lei perché a quel tempo avevo duecento pecore e quindi c’avevo da munge le pecore…e quindi ci andavo di rado da lei. E allora, i soldi non c’erano e si pagò a rate una camera a trecento mila lire…vedrai quando ti sposi qualcosa devi fa’… Ci si sposò a San Biagio, in chiesa. C'era parecchia gente e quando dovetti mette l’anello mi sbagliai, ero un po’ agricolo e sbagliai la mano, lo misi in quell’altra mano. Ma non si pagò tanto, si mangiò tutti a casa, come si mangia ora noi qui… lo fece la su’ mamma il pranzo, ma senza viaggio di nozze, niente. La tu zia si fece dopo cinque anni, ma nacque per sbaglio… io ero andato all’ospedale perché presi un avvelenamento con una scatoletta di tonno, a quel tempo avevo un’azienda, si seminava il grano, l’orzo… non era mia ma era come se fossi il responsabile, ce l’avevano data in affitto… e si mangiava quello che capitava… e allora mangiai questo tonno ma non si sapeva mica che era andata a male. E quindi dopo tutta questa trafila andai all’ospedale e per l’azienda dovetti mette un operaio, quindi venne il su fratello ma un giorno prese il trattore, un era molto pratico,  si ribaltò e ci perse un occhio… il padrone per evita' di fa’ troppo casino lo pagò, così non disse nulla a nessuno… E insomma, all’ospedale mi dovevano operà… ma io un so mai stato per queste cose quindi feci veni' la tu nonna e andai a casa. Alla tu nonna, in questo tempo che ero stato via, era andata a passà una visita e le avevano detto che se voleva ave' i figli doveva fa una cura… ma lei i figlioli un li voleva! E tutto questo tempo, non si usavano sistemi eh ma si stava attenti…e allora dopo che le dissero che un li poteva avè i figlioli si andò a ruota libera! Il mese dopo però non venne proprio… Ma noi sennò un si volevano…

Voi avevate la televisione?

Si ci s’aveva, un televisione vecchio, ma venne dopo tanto tempo… prima di quello ci s'aveva la radio mi ricordo. La televisione venne quando i ragazzi erano bell'e grandi. Era vecchio… non mi ricordo quanto si pagò.

Con l’euro come sono cambiate le cose?

Eh, le cose so peggiorate tanto… ma tanto tanto… Prima con la lira si riusciva a fa’ qualche cosa… ora invece con questo euro niente, siamo sempre senza soldi. A me questo ha fatto proprio schifo…. prima un pane costava cinquanta lire, ma nemmeno… qualche centesimo sarà stato. Noi l’affitto non si è mai pagato quindi non saprei… ma una macchina costava seicento mila lire più o meno… più o meno ora saranno trecento euro. Due milioni prima erano tante… ora non so niente. E così ho passato la mia vita…ora sono anziano…ho perso il mi figliolo e mi tocca lavorà più di quando ero giovane. Mi alzo la mattina alle 6, faccio cena alle 11 e così via…