Mariella Quintetti

Intervistata dalla nipote Virginia Mugnai.

So’ nata a Siena all’ombra della torre [del Mangia], dal letto vedevo il campanone e quando sonava c’erano tutti i piccioni che volavano, quindi so’ cresciuta in città ma era bella la mi’ città, una volta, oggi è diventata la bettola a cielo aperto. So’ nata il 23 ottobre del 1945, subito dopo la guerra con una miseria che scianguinavano i mia, ma io per fortuna ‘un capivo niente sicché… non me ne so’ nemmeno resa conto.
Mi ricordo che all’asilo ero ribelle, mi espulsero! Perché io volevo giocare e loro invece mi volevano fa fa’ l’aste e io ‘un mi ci divertivo, siccome ero piccina prendevo e scappavo, sgattaiolavo e andavo dai piccini a gioca’. La maestra mi raccattava e poi alla fine mi espulse dalla scuola. Io le ne dissi di tutti i colori e mi mandarono via da scuola. Mi ricordo che la mi zia disse: “eh che vergogna, vieni, devi chiede scusa alla maestra” e io li dissi “io ‘un le la chiedo”, mi chiappò per un orecchio mi fece fa tutta l’Onda [contrada] in su fino all’asilo, all’asilo davanti a questa maestra “chiedili scusa” e io li dissi “mi scusi signora maestra ma le lo chiedo perché lo vogliono loro”, lei si mise a ridere e mi rimisero a scuola.
Poi quand’ero più grande, facevo le elementari, lì una volta, io andavo al Cantuccio, le femmine stavano da sé i maschi stavano da sé, la maestra fu chiamata in direzione io ‘un lo so che li dissero, qualcosa li devono ave’ detto insomma, lasciò una bambina alla lavagna perché segnasse i nomi come si faceva sempre però noi si chiaccherava si giocava, cheddì verai s’era ragazzi, quando c’era una che faceva il palo stava a vede’ quando arrivava la maestra… “cancella, cancella, arriva la maestra” e questa cittina nini era davanti alla lavagna e un volle cancellà nessuno e insomma la maestra trovò tutti i nomi segnati. Che l’avevano detto in direzione non lo so però per fatti era arrabbiata. Prese, c’aveva il frustino e ci frustò a tutti le gambe e le mani. Io che dici quando mi sento fa male divento una belva, a quell’epoca ci s’aveva gli astucci di legno poi il sussidiario poi i quaderni, sicché misi tutto in fila con l’astuccio di legno sotto, andai dietro a questa cittina che era davanti alla lavagna, verga nel capo! verga nel capo! La maestra che dici me li ridette di santa ragione però qualcosa dissi ha sentito anche lei, perché qualcosa ha sentito anche lei. Tornai a casa, senti la differenza tra i genitori di oggi e i genitori d’una volta, tornai a casa da sola eh, perché a me mi c’hanno accompagnato il primo giorno e poi la mi mamma mi disse “impara bene la strada perché poi da domani vai da sola” avevo sei anni ‘un è che l’avevo tanti, tornai a casa, piangevo per tutta la strada, urli, arrivo a casa e il mi’ babbo fa dice “oh che hai da piange in questa maniera?” e io “ah la maestra è cattiva” c’avevo tutti i salsiccioli nelle gambe dice “c’ha picchiato tutti”, “bene!” disse lui “ha fatto bene, peccato quelle che so’ andate di fori, si vede aveva ragione”. Questo era il comportamento dei genitori d’una volta, oggi ai ragazzi se anche li mettete un voto un pochino strano e vengano subito a protesta’, figuriamoci, eppure un siamo morti s’è chiappato quelle nerbatine con la frustina e siamo andati avanti insomma.

L’asilo dove l’hai fatto?

L’asilo l’ho fatto all’arco di San Giuseppe ora io ‘un mi ricordo più come si chiamava, io facevo quell’asilo lì, quando pioveva ci mettevano davanti a una vetrata e si cantava tutta la mattina “piove c’è il sole la Madonna coglie un fiore e lo coglie per Gesù e domani ‘un piove più” e poi s’andava per terra e si cominciava da capo.

E le elementari invece dove l’hai fatte?

Al Santuccio cioè al ponte di Romana insomma ecco l’elementari erano lì e se ci passate ancora oggi c’è scritto di fori da una porta femmine e da una porta maschi, perché quando s’andava in classe si doveva passa’ i maschi da na parte e le femmine da ‘n’altra. All’elementari ebbi una grossa delusione… perché a me mi piaceva tanto cantare, ero canterina in casa mia cantavano tutti, ma io ero stonata come na campana, allora il sabato era l’unica occasione che mettevano maschi e femmine tutti insieme dalla prima alla quinta tutti insieme, s’andava nella palestra e c’era il maestro di musica che ci faceva cantare il coro dell’inno nazionale “Fratelli d’Italia”, allora quanti ragazzi saremo stati? Tantissimi, questo maestro di quanti s’era chiamò me e mi disse “vieni qua pallina” dice “mettiti qui, te stai zitta perché sennò me li porti fori tutti” eh quanto ci piansi però forse aveva ragione lui, io so’ stonata, eh vabbè. Le elementari l’ho fatte lì, l’ho fatte a Romana e io stavo nell’Onda, venivo a piedi da sola eh, la mi’ mamma m’ha accompagnato il primo giorno poi dal secondo da sola con un’altra amichetta ma insomma s’era bambine di sei anni, a quell’epoca era un mondo felice, oggi mhhh ‘un no potresti fa.

I tuoi genitori che lavoro facevano?

Il mi’ babbo era venditore ambulante, vendeva la frutta.

E la tu mamma?

E la mi mamma lavorava insieme a lui nel banco, vendevano la frutta loro, sicché il mi babbo la mattina alle tre s’alzava e andava ai mercati generali. Nell’estate quando io ero in vacanza lui pretendeva, all’età avrò avuto sette anni otto, che andassi ai mercati generali e mi faceva alza’ anche me alle tre e mezzo e mi portava laggiù a vedé com’era il lavoro e il mi’ babbo diceva sempre “la giornata la guadagni quando compri non quando vendi” e aveva ragione.

E i tu genitori o i tu nonni ti raccontavano un po' della guerra, qualche racconto?

Ah della guerra me l’hanno raccontate tante, il mi’ babbo “eh l’ho capita io perché s’è persa” il mi’ babbo è stato sett’anni al fronte, era nell’alpini ma siccome lui era marconista un ‘n’aveva nemmeno il fucile e io ci ridevo sempre dicevo “per forza s’è persa la guerra, ti mandano al fronte senza il fucile”, il mi’ babbo diceva che il fucile per tutti ‘un c’era, lui era marconista e era senza il fucile, e poi in casa mia avevano patito tanta fame e poi m’hanno raccontato c’avevano un cane, sonava la sirena no? quando c’era l’allarme aereo che bombardavano, ma loro avevano un cane che prima che sonasse la sirena cominciava a scappare e sapevano di dove’ anda’ via il cane l’avvertiva prima della sirena, però hanno patito tanta fame, la guerra è stata brutta brutta, per lo meno dai racconti che m’hanno fatto, io no so’ nata dopo sicché so’ nata nel benessere e mi ritengo molto fortunata perché noi siamo andati sempre a migliorare a stare sempre meglio, ora sono anni che si sta tornando indietro perché la gente non c’è più lavoro, siamo troppi e è sempre più difficile, prima io non ti dico un grande lavoro ma i lavoretti ne trovavi quanti te ne pareva, oggi ‘un è più possibile nemmeno questo perché tra poco ti ci vole la laurea per anda’ a vende le noccioline sicché… oggi è cambiato tutto sì ma in peggio. Ma noi invece, poi gli anni Sessanta, il boom, che la gente cominciò a sta’ col benessere, si cominciò a anda’ al mare. Io per la verità sono fortunata perché il mare l’ho fatto tutti l’anni da che so’ nata perché il mi’ babbo aveva la cugina che stava di casa a Follonica, la zia che stava di casa a La Spezia e allora nell’estate, loro ‘un è che mi potevano guarda’ tanto e allora mi mandavano un mese da quello un mese da quell’altro, poi c’avevo i parenti a Montalcino mi mandavano anche dai parenti a Montalcino, sicché facevo mare montagna e ai tempi persi mi portava al banco, si, poi dopo si cominciò a anda’ in albergo, ma per noi gente del popolo sie e chi l’aveva visto l’albergo, ci sembrò di… so’ stati tempi boni io ho avuto una bellissima gioventù e è stato sempre un crescendo, un migliorare, poi la gente prima impensabile che la casa l’avevano i signori poi invece è venuto il benessere e l’appartamento se uno aveva giudizio se lo s’ho comprati tutti ecco, è per questi giovani che sarà un problema mah menomale noi si va via. È un passaggio però, già che siete giovani ricordatevi una cosa quando prendete una decisione quando fate una cosa se c’avete da chiede scusa a qualcuno fatelo subito perché non lo sapete quanti giorni c’avete davanti, andate a letto sempre con la coscienza tranquilla.

Quindi c’hai avuto un’infanzia bella?

Si! Io ho tanto giocato, mi so tanto divertita, ho leticato un pochino col mi’ babbo perché la sera specialmente quand’era bel tempo cominciava a chiamammi dalla finestra “Mariella, Mariella” “ora vengo!” e io ero lì che giocavo e questo mi richiamava un’altra volta “ora vengo ora vengo ora vengo” poi quando arrivavo a casa questo era belle su pe’ i peli perché ‘un davo retta, io giocavo tutto il giorno fori nella strada con le mie amiche, ah questa te la voglio racconta’ perché oggi c’avete tutto e noi ‘un ci s’aveva niente, noi si giocava con la fantasia non con l’oggetti però davanti a me ci stava un famiglia con una mia amica che loro invece stavano un po' meglio perché avevano l’impiego statale tutti e due sicché insomma erano gente che stavano un po' meglio e li comprarono un carrozzino con la bambola a questa cittina e io quanti pianti “e voglio la bambola e voglio la bambola”, allora la mi’ mamma che fece? prese una scatola da scarpe del mi’ babbo più grande no? ci fece un buco ci legò un filo ci mise un po' di stoffa vecchia che c’aveva un po' di cenci e poi mi ci mise dentro una bambola di pezza no? e mi disse “tieni, questo è il carrozzino, tiralo quanto ti pare vai in su e in giù” e il carrozzino fu quello, però la fantasia noi si sviluppava, t’ho detto coi sassi si faceva finta che fossero chissà che però io giocavo dalla mattina alla sera nell’estate, ero sempre fori a gioca’. Poi crescendo quando veniva il Luna Park la mattina si veniva io e la mia amica ci dava la colazione, io passavo dalla bottega a fammi il panino insomma si prendeva sta colazione e s’andava a piedi a quell’epoca per noi era una grande passeggiata e s’andava in fortezza. In fortezza su di sopra c’era l’aria bona ci si stava bene ecco, a noi ci sembrava d’esse proprio in vacanza vacanza, quella era una vacanza, s’andava a fa colazione in fortezza, poi crescendo in fortezza ci s’andava a gioca’ al  Luna Park e lì c’ho buttato tanti soldi, andavo a chiede cento lire al mi’ babbo, cento lire alla mi’ nonna, dammi un soldino, cinquanta lire, quando ero più piccina mi dava dieci lire e andavo dalla lattaia e ci compravo dieci more di liquirizia, com’ero contenta con quelle more, piccole cose, voi invece v’hanno dato quelle grandi e v’hanno fatto cresce soli senza rapporti sempre soli, te lo vedi anche ai giardini c’è un bambino e du’ nonni che lo guardano, nemmeno uno a volte cè n’è due e invece il bambino per svilupparsi, noi bisognava arrangiarsi non ci guardava nessuno ci si guardava da soli.

Come hai conosciuto il nonno?

Ah il nonno come si conoscevano le persone una volta. Una volta non è che s’andava in discoteca o che s’andava da qualche parte, una volta si faceva le feste in casa s’andava a balla’ una volta s’andava da un’amica una volta s’andava da un altro amico, si faceva le feste in casa e si ballava e io finiva l’anni un amico mio e con la mia amica si disse “e che fai quest’anno, balli?” “eh sì sì” e s’andò a balla’ da questo qui e lì conobbi questo ragazzo così, era un amico e poi si cominciò a uscì tutti in comitiva s’andava a fa’ le merende poi s’andava a balla s’andava al ceppo ci davano la stanzina si portava il gira dischi, il mangianastri a quell’epoca c’era coi dischi la musica e si ballava così, i mia erano tempi del twist, erano tempi belli. Ci siamo conosciuti e ci siamo frequentati come amici e poi piano piano invece è scattato qualcosa, ci siamo innamorati e ci siamo fidanzati poi ci siamo sposati e poi dopo è nata la mi’ figliola e poi la vita è andata avanti come va per tutti. Però l’ho conosciuto in casa di amici ecco, una volta le occasioni erano queste, ‘un è che s’andava a balla’ nelle sale da ballo, poi da grandi sempre più grandi allora sì magari però s’andava a balla’ l’ultimo dell’anno, l’ultimo di carnevale non nelle discoteche come ora e poi prima il ballo era differente ‘un era come ora che vanno tutti intruppati lì nel mezzo ballano ognuno per conto suo, no prima venivano a invitatti e allora poi andavi a ballare poi se ti garbava ci riballavi eh insomma così come fanno tutti i giovani ci siamo conosciuti in questa maniera.

E il lavoro?

Lavoro ho sempre lavorato e mi ritengo fortunata ecco mi ritengo fortunata però non è che so’ stata a dormì sull’allori eh ho sempre cercato di migliorare e di lavori n’ho cambiati parecchi, ho fatto tanti concorsi poi alla fine so’ entrata nei posti pubblici, l’ho cambiati anche di quelli due o tre e lavora’ ho lavorato parecchio, addirittura in un posto di lavoro di cui non faccio nome, un ente pubblico, siccome io ero abituato a lavora’ di brutto venivo dal privato e invece negli enti pubblici so’ abituati a lavora’ piano piano e mi cominciarono a dì dice “ma così ‘un va bene” dice “vieni vieni si va a fa’ una giratina, te lavori troppo” mi dissero, a me mi sembrava d’esse in ferie perché la sera ero libera e loro dicevano che lavoravo troppo, lavora’ ho sempre lavorato e mi ci so’ divertita, il discorso è quello, io ho lavorato con passione con volontà e devo ringrazia’ il mi’ babbo, lui m’ha insegnato che il lavoro è la cosa essenziale dell’individuo, tutti i lavori vanno bene basta che siano onesti e questo m’è rimasto addosso però io ho cominciato a lavora’ che avevo sedici anni sicchè, ora so vecchia.

Il palio?

Il palio eh questo è un discorso un po' dolente perché io so’ nata nel rione e i miei erano appassionatissimi della contrada, la mi’ pora nonna mi portava in società tutte le sere, mi portava a gioca’ a tombola mi portava, però una volta c’era tanta ignoranza, io ero timida e a me s’andava laggiù in società, moccoli bestemmie insomma a me era un ambiente mi garbava poco, quando s’andava a fa’ le gite a quell’epoca oggi siamo tutti signori, ma a quell’epoca col pulman s’entrava nelle città berci da quei pulman, cantate “chi ‘un è dall’Onda more evviva Siena” le gente a guardacci, io ero timida una vergogna e non mi ci so mai appassionata ecco, mi ci so’ tanto vergognata quando ero giovane, che poi quando so’ stata più grande non ci so’ andata più, oggi è differente, oggi va di moda ma una volta era un’altra cosa che poi la contrada bella la società ma ti facevano il vestitino taglia e cuci dietro le spalle a tutti eh oh, certe linguine d’oro, ‘un era tutt’oro quello che luccicava ora c’è più cultura, la gente sa più tante cose però ecco io la contrada ‘un è che, sì mi piaceva quando c’erano i giorni del palio ma non so’ mai stata fanatica ecco.
Questa è la mia esperienza di vita una cosa l’ho imparata ‘un bisogna sta tanto a progetta’ bisogna vive parecchio alla giornata, ma parecchio.