Piergiorgio Viviani

Intervistato da Irene Berni.

Che rapporto avevi con la tua famiglia nell’infanzia? Hai qualche ricordo di quel periodo?

Eheheh la mia famiglia è un continuum non è che si è interrotto il rapporto, anche se nel frattempo alcuni non ci sono più, la mia mamma, il mio babbo, i miei nonni, però è un rapporto intenso; cioè non era semplicemente il luogo dove ho vissuto o le persone con cui ho vissuto perché si stava nella stessa casa. La nostra vita, sia nell’infanzia sia nell’adolescenza e ancor più dopo, è stato un intreccio continuo di momenti, di sentimenti… anche di battaglie che poi via via si sono trasferite nella mia vita. Una di queste logicamente è stata la consapevolezza, diciamo, di essere credenti, perché i miei i miei genitori, i miei nonni erano cristiani cattolici praticanti e quello che talvolta nell’infanzia o nell’adolescenza viene... diciamo... è un’occasione di contestazione anche, o di contrasto, perché non è che tutte le volte te condividi le scelte della famiglia, però noi avevamo questo grande privilegio, che discutevamo spesso e nessuno poteva essere tacitato solo perché aveva qualche idea diversa o in contrasto; però le discussioni se a un certo punto si alzava troppo la voce... perche eravamo cinque figli, avevo due sorelle più grandi e due... una sorella e un fratello più piccolo, se ci si alterava allora l’autorità riconosciuta a nonno Arturo, mio padre, si imponeva e quindi ci metteva tutti in riga perché una cosa è la liberta di esprimere le proprie idee, una cosa è quella di sopraffare quella degli altri. Quindi, è stato un intenso periodo di vita fino a che non mi sono emancipato, diciamo, all’epoca dell’università, poi col matrimonio, ma anche durante il fidanzamento c’è stata questa famiglia, insomma, in cui si è vissuto i nostri sentimenti non separatamente; il nostro amore, ad esempio, quello mio con nonna, è stato una cosa vissuta anche all’interno della famiglia (ridacchia) perché…perché la famiglia è qualcosa di più del dato anagrafico, la famiglia è il luogo dove si cresce, si invecchia, ci sia ama… ci si può anche far del male, questo senz’altro; però devo dire che io ho avuto questo dono prezioso di non avere ricevuto, diciamo, ferite... ecco... né psicologiche né affettive dalla mia famiglia.

La famiglia è originaria di Siena?

Sì sì, è originaria di Siena da generazioni, da numerose generazioni, quindi siamo sempre stati senesi e in larga parte contradaioli della Pantera.

Una volta cresciuto che scuole hai frequentato? E l’università?

Ehh dopo la prima fase, di cui si parlava oggi, al ginnasio, la quarta ginnasio, poi ho completato gli studi al liceo scientifico e dopodiché mi sono iscritto a giurisprudenza e ho completato il ciclo universitario nei canonici quattro anni perché avevo una gran furia di laurearmi per poter... per potermi diciamo, lavorare, ma soprattutto per potermi sposare perché ero già fidanzato da… quando mi sono laureato ero fidanzato da sei anni, sette anni e avevo una gran voglia di mettere su famiglia con la mia metà, con la nonna Cristina.

Nel tempo libero che cosa facevi?

Ma io sin da giovanissimo, nel senso sin da 14,13/14 anni ho cominciato a fare sport... facevo pallacanestro... e quello mi è sempre stato... mi ha impegnato molto; poi partecipavo anche alla vita di comunità, che era quella o in parrocchia, dove c’era, appunto, la gioventù cattolica, oppure dopo, nell’ambito diciamo del francescanesimo secolare… per cui io ho avuto impegni e anche, purtroppo, perché all’epoca devo dire (sorride) mi sono scontrato per motivi anche politici, giovanissimo, perché all’epoca in cui io so' stato… fine liceo/studente universitario, quindi si parla degli anni ’68,’69,’70, c’era una profonda contrasto tra chi voleva il 18 politico all’università e chi invece voleva essere esaminato e avere un voto che fosse risultato di un impegno e di un merito... ehh… non un fatto ideologico… però c’è stato un notevole dispendio di energia, perché in quegli anni c’era uno scontro politico e ideologico importantissimo. Quindi questo è... non posso dire che io ho fatto gli studi in maniera settica, facevo gli studi e vivevo lo sport, no! Facevo gli studi, vivevo lo sport, mi impegnavo in alcuni corsi anche di di di diciamo di politica intesa come... formazione... ecco... politica; e poi c’era la militanza intesa nelle iniziative politiche che contrapponevano la sinistra ideologica, il comunismo, il socialismo e il cattolicesimo, che era cattolicesimo, diciamo, dell’impegno, l’impegno civico, l’impegno politico eccetera… all’università come fuori insomma,ecco.

Per quanto riguarda le feste o il modo di approcciarsi alle ragazze?

(Sorride) Beh io ho sempre avuto una certa attitudine (ride) devo esser sincero, ma non ho mai, non mi sono mai molto sforzato di compiacere una ragazza perché mi piaceva oppure perchè volevo fa colpo… avendo un po’ la mia personalità ero spesso anche invitato... perché allora non c’erano i locali, non c’erano le discoteche, c’erano le feste in casa cioè, ragazze o ragazzi che facevano o il compleanno o una festa invitavano compagni di scuola, compagni più grandi, più piccoli... e quindi, in quelle occasioni era, quando si dice... no i fatidici... com’è?... i meravigliosi anni ’60… di che si parla? si parla di questo, cioè all’epoca di Mina, di Rita Pavone, del ballo sul mattone come di Aznavour e di tantissimi altri grandi cantautori eccetera, Battisti.. Però dico, ecco, il fatto di avere una facilità, anche, di comunicazione mi consentiva spesso di rompere il ghiaccio, a una festa ero quasi sempre il primo che si metteva a ballare… allora io ero bravissimo a ballare il twist, mi piaceva moltissimo… twist ma anche balli lenti per la verità, però sempre con grande rispetto verso... verso una ragazza eccetera.. o più ragazze, erano amiche. C’era un rapporto anche di amicizia veramente. Al liceo, negli ultimi due anni, siamo stati anche… quasi si è anticipata la goliardia perché c’era... c’era veramente un clima… c’erano assemblee infuocate col movimento studentesco, addirittura la Lotta Continua che interveniva senza ave' titolo alle nostre assemblee studentesche... però all’interno dei gruppi, diciamo, di studenti, c’era anche amicizia, c’era… questo me lo ricordo bene si.

Come hai conosciuto nonna Cristina?

(Ride) Questa è una cosa un po’ indiscreta, pero’ la sai, se non la sai te la ripeto. L’ho conosciuta a una messa mattutina in una chiesa di contrada, nella Civetta; perché, pecchè io in genere... siccome facevo la comunione... quando faccio la comunione può cascare il mondo, ci può essere terremoto, ma io mi metto… mi raccolgo proprio pensando alla bellezza di quello che ho fatto, perché insomma ho ricevuto... per chi ci crede... ho ricevuto il corpo di Gesù e quindi mi... non mi distraggo, non c’è niente al mondo che mi possa distrarre. E purtroppo... cioè “purtroppo”, ringraziando Dio in quell’occasione... era il 28 agosto del 1966, tornando dal fare la comunione eheh... mi cascarono gli occhi su questa figura, su questa ragazza che mi colpì talmente per cui io mi rimisi nella panca dove facevo, dove ero a distanza... volevo fa il ringraziamento per aver ricevuto Gesù... però una delle poche volte in cui... fui talmente distratto da quello che mi era capitato... perchè questa, l’immagine di questa ragazzina... perché era giovanissima, aveva 15 anni... mi turbò insomma, mi... tant'è  che prima, appena vidi che lei usciva insieme alla madre, credo che fosse la madre, poi l’ho saputo… è una zia... tra l’altro era molto elegante, era molto bellina veramente, insomma... le seguii… le seguii in piazza Tolomei, poi dal Nannini, cercando di farmi notare poi, poi con un po’ di intraprendenza sono riuscito a incontrarla eccetera. Il resto, il resto (ride) è durato sette anni perché siamo stati fidanzati sette anni prima di sposarci.

Puoi raccontare il modo con cui l’hai contattata o…?

No il modo è stato questo (ride). Prima di tutto al Concadoro del Nannini c’era una grande specchiera, e il bancone dove lei e la madre, e quest’altrettanto bella signora, perché devo dire che erano.. anche la madre era una donna alta, elegante insomma. Facevano colazione e io mi misi di lato, dalla parte opposta, però con gli occhi attraverso la specchiera che era dietro ai barman, quelli che forniscono le colazioni, e la puntai, e lei si accorse benissimo che la stavo guardando in un certo modo. Dopodiché uscirono dopo la colazione e io continuai a seguirle fino a dove entrarono in questo portone e poi feci le mie investigazioni (ride) e mi accorsi… cercai subito dopo a casa mia, ritornai a casa mia di corsa cercando il nome di questo portone dove c’era il cognome dell’attuale tua nonna e difatti ce n’era uno solo perché era… feci questo numero telefonico, mi rispose questa vocina, che capii esser lei perchè era piuttosto imbranata e imbarazzata, e gli dissi “Sai son quel ragazzo che ti guardava…” e lei parlava per monosillabi “sì”, ”no”… E mentre io facevo le domande e lei rispondeva così, intervenne la sua mamma e gli prese il telefono. “Ah!” disse “non ho piacere, eh che mia figlia è giovane, non si deve... tu chi sei?”. Fece la domanda e dissi: “Sono Piergiorgio Viviani, avrei piacere di conoscere sua figlia”. E questa cosa mise un po’ in difficoltà quella che sarebbe diventata mia suocera. In più aggiungi che siccome mi resi conto, avendola anche vista che era una persona, insomma, abbastanza distinta, abbastanza fine, pur avendo pochissimi quattrini all’epoca chiesi un prestito alla mia nonna, in casa, e andai di corsa da una fioraia che c’era questo negozio di fiori vicino dove abitavamo noi, allora in Camollia e gli dissi “Guardi, c’ho da mandare pochi fiori, perché c’ho pochi soldi, però dei fiori a una persona importante". E lei mi disse: “Chi? Una ragazza?” “No, la madre di una ragazza”. E difatti, e difatti prese… dice: “Guarda, io c’ho questi gladioli color aragosta... arancione... non mi ricordo... questi so' bellissimi, fai figura..” E mi preparò questo mazzo di fiori. Poi gli chiesi quant’era e menomale ci arrivai, ma insomma… popo… e ci misi un bigliettino e gli dissi di portarlo all’indirizzo che avevo scoperto a casa dove abitavano loro. E quello mi consentì di rompere il ghiaccio con la suocera... che non era suocera… la mamma di questa ragazza... effettivamente la colpì questa cosa… poi, io gli dissi nome e cognome perché non avevo niente da  nascondere, non è mica ehhh che scappavo, insomma. E poi ci dette il permesso di vederci in casa le prime volte, per parlare, e poi da cosa nasce cosa e insomma… e poi diventai importante anche io per lei insomma, ecco, nel senso… e questa è stata la strategia avvolgente per arrivare poi alla tua nonna, alla mia donna, capito?

E… ti saresti mai aspettato di mettere su una famiglia come quella che è venuta?

Io lo volevo, no aspettato; tant'è che quello che mi ha messo le ali ai piedi è stato il fatto... perché la cosa importante è stata questa: io quando ho finito il liceo mio padre mi disse: “Allora vuoi fare l’università’?” “Sì babbo, vo' all’università, certo.” “Benissimo, e che vuoi fare?”. Mio babbo era avvocato, quindi io dissi: “giurisprudenza” “No, ma io ti dico, a parte la facoltà, ma te che vuoi fare? Vuoi fare l’avvocato?” “Eh” dico “se mi riesce si sennò farò qualche cos’altro”. E… mi disse: “Guarda, allora, se te ti iscrivi a giurisprudenza e vuoi fare l’avvocato non ci sono ferie, goliardia… te dall’iscrizione all’università studi e vieni allo studio a lavorare. Farai da segretario, farai da autista, farai quel che ti pare, non è che c’hai il tempo... se vuoi fare l’avvocato... se invece vuoi traccheggiarti all’università per arrivare alla laurea, un’altra cosa ma non farai l’avvocato, perché per fare l’avvocato bisogna... già che c’hai quest’opportunità... questo è l’unico privilegio che hai, di poter cominciare a frequentare uno studio legale prima degli altri, in maniera da pote'…”  Poi ci fu, appunto, questo fatto dei quattr’anni, mi disse: “Non un giorno di più, perché io non consento ai miei figlioli, ce n’ho cinque, di fare i fuori corso, di fare l’università in 5/6 anni, di parcheggiarsi…perché non è giusto, non è doveroso e quindi se entro quattr’anni ti laurei bene, altrimenti te le paghi da solo le spese”. E questo effettivamente fu un incentivo formidabile per stimolarmi e... io mi sono laureato a giugno del ’73 e a ottobre mi so' sposato. Quindi perché? Perchè già avevo incominciato a fare qualche pratica da giovanissimo; è vero che mi dicevano “dottore” e ancora non ero laureato, e io dicevo “No, ancora 'un so' laureato” però, le persone, i clienti che mi conoscevano vedendomi nello studio di mio padre, appena mi laureai mi affidarono piccole pratiche, piccole cose che mi consentirono anche di incomincia' a guadagna' qualcosa e… la cosa è stata questa insomma. Per cui la famiglia la volevo, certo. Io e la tua nonna si parlava di quelli che sarebbero stati i nostri figli. Ne è valsa la pena perché poi il nostro matrimonio è stata una cosa meravigliosa, questo, questo non posso che ringraziare Dio, non è merito nostro, è merito di chi ci ha donato quest’opportunità di essere marito e moglie.